Fondazione Dinamo e Dinamo Sassari di nuovo in campo per sensibilizzare il pubblico contro la violenza sulle donne con il Flash Mob "L'amore ha l'amore come solo argomento".
TESTO DEL FLASH MOB:
"Ad oggi, in Italia, soltanto nel 2012, sono state uccise per mano d’uomo 108 donne. La violenza sulle donne non è un fenomeno naturale, come la pioggia, le alluvioni o i terremoti, anche se a livello globale miete numerosissime vittime somigliando sempre più ad una autentica catastrofe.
Il fenomeno ha assunto dimensioni talmente rilevanti ed impressionanti da generare addirittura un neologismo, FEMMINICIDIO, un termine che è odioso e disturbante fin dal suono, dalla parola stessa. Ma è una parola importante, poiché riconoscere la questione, chiamare le cose col loro nome, è un atto necessario: nominare, senza infingimenti né ipocrisie, l’omicidio di una donna per mano di un uomo significa prendere consapevolezza del problema, comprenderne le dimensioni, ed apre anche alla possibilità di innescare un cambiamento. Un cambiamento che è prima di tutto politico e culturale, nel senso più profondo e stringente del termine.
Perché la violenza sulle donne non è semplicemente un problema di ordine pubblico: non è legata alla povertà o al disagio sociale, non è presente soltanto in categorie o ceti marginali, non interessa esclusivamente gli strati più deboli e incolti della popolazione, non è un problema degli “ALTRI”, ma, come dimostrano i dati ISTAT e le testimonianze dei vari centri di ascolto e di aiuto, è una realtà che vive dentro le famiglie. Famiglie apparentemente normali. Come apparentemente normali sono gli uomini violenti: sono i mariti, gli ex mariti, i padri, i fidanzati gelosi o respinti, gli ex fidanzati, i compagni di vita, gli amici di famiglia e così via. Sono loro, ossia "i nostri uomini" - e non gli stranieri, gli emarginati, gli esclusi - a fare violenza sulle donne, a stuprarle, a ucciderle.
Per questo la violenza sulle donne è un problema che riguarda tutti e tutte ed è un problema antico, forse addirittura atavico, oscuramente radicato, in profondità, nella nostra cultura. Un problema che sicuramente non si risolve con meri provvedimenti polizieschi, che prendono a pretesto la piaga della violenza per autorizzare un certo tipo di politica, una politica che, ancora una volta, passa sul corpo delle donne.
Se vogliamo occuparci davvero della violenza contro le donne dobbiamo affrontare la questione alla radice, andare all’osso, guardando anzi tutto all'istituto della famiglia, che purtroppo non protegge le donne ma le condanna a subire, in omertoso silenzio, soprusi e violenze inaccettabili. Violenze che, all’interno delle mura domestiche, spesso si fatica anche a riconoscere come tali, scambiandole per una tetra normalità cui è vano e impossibile ribellarsi. Ma non si deve porre l’accento sulla cosiddetta connivenza delle vittime, rendendole complici e finanche responsabili delle violenze subite che spesso le portano alla morte. L’accento va posto sugli uomini, perché la violenza contro le donne è un problema degli uomini. E' legata a una parte oscura, ma in qualche modo culturalmente autorizzata, della sessualità maschile: l’uomo è cacciatore, si sa, e la violenza è legata alla cosiddetta naturale ritrosia femminile.
La soggettività che anima la violenza contro le donne è la soggettività maschile: degli uomini è il protagonismo e non possiamo accettare la colpevolizzazione delle donne. La violenza sulle donne non è un problema delle donne, anche se spesso il dito si sposta ad accusare il silenzio femminile. Sono gli uomini che devono interrogarsi, insieme alle donne ma per primi, sui moventi profondi della violenza.
Per sconfiggere la violenza sulle donne è necessario, ora più che mai, partire dalle famiglie senza ipocrisie né paure e dalle generazioni più giovani, affinché crescano nella cultura del rispetto dell’altro da sé.
Cominciamo tutti e tutte a immaginare e costruire una cultura delle differenze, perché soltanto così potremo liberarci della violenza contro le donne. E’ una questione di politica, di pensiero e di pratiche di esistenza.
Educare alla cultura del rispetto e dell’accoglienza delle diversità è il primo passo, forse il più importante, per sconfiggere la violenza contro le donne. Ed è un passo da fare insieme. Tutti e tutte."