20/01/2022 |
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Trionfi, emozioni, imprese sportive, qualche delusione e una finale che grida vendetta. La Dinamo e le Final Eight hanno un rapporto strettissimo, Sassari è di casa nella competizione che l’ha vista portare a casa il trofeo per ben due anni consecutivi con il famoso e storico back to back 2014-2015 prima al Forum di Milano, interrompendo la striscia di 5 anni e 19 partite di fila della Mens Sana Siena, poi a Desio nel fortino dell’Olimpia, abbattendo l’Armani di Banchi, Gentile, Melli e Hackett. Ci sono squadre che sono entrate nel destino del Banco come Reggio Emilia, battuta due volte consecutive in semifinale. Quella di febbraio a Pesaro, sarà la decima partecipazione, un vero record per una società che è stata promossa in serie A nel 2011, tante storie da raccontare, un’isola abbracciata ai suoi giganti, un popolo che si è identificato nei suoi campioni come nei quarti di finale a Firenze nell’epica rimonta contro la Reyer Venezia, il buzzer beater di Cooley e il tuffo di Spissu in mezzo alla gente. Ci sono delle delusioni come il tiro di Cazzolato al Forum per l’overtime che è valso l’upset di Cremona nel 2016, la doppia sconfitta con Brindisi, prima in semifinale a Firenze poi a Pesaro nei quarti con quel tiro sceso dal cielo di Kelvin Martin. Banchi con Milano non ha mai vinto contro il Banco, Repesa non ha mai perso, una finale spettacolare vinta nel 2017 nella battaglia di Rimini con la squadra di Pasquini pronta a buttare fuori la favorita Avellino e poi Brescia prima di giocarsela alla pari contro l’Olimpia di Hickmann, giustiziere di Sassari nel finale di partita. Scaramanzie, pronostici, bracket, il Banco non è mai stato favorito, anzi è sempre stato considerato di passaggio, lo era nel 2014 quando Drake Diener acciuffò la palla dell’incredibile vittoria contro Milano, lo era nel 2015 quando nessuno immaginava che potesse fare una finale pazzesca, trascinata dalla notte da MVP di David Logan. Adesso la forbice economica si è ulteriormente allargata, è tornata la Virtus Bologna dei campioni, c’è una montagna durissima da scalare. Intanto la Dinamo di Bucchi ha compiuto una piccola impresa conquistando una qualificazione quasi impossibile nell’anno più difficile, grazie alle 4 vittorie nelle ultime 5 partite, chi entra merita di esserci, il resto non conta. C’è il fattore Covid, c’è la Milano di Messina e Pozzecco nei quarti di finale, è tornato Melli dall’NBA, ancora una volta Armani si troverà contro quelle maglie biancoblu che non sono proprio una merce preziosa nel suo atelier cestistico. Quando arrivò nel basket scelse Piero Bucchi come primo coach, adesso a distanza di 11 anni se lo ritrova contro, storie del destino, le urla di Lawal, il sorriso di Lacey, il talento di Savanovic, le triple di Thornton, il sogno dei cugini Diener di Marques e Caleb Green, il killer istinct di Dyson, i muscoli di Sanders o il gruppo dei Regaz all’italiana. Gli occhi di Cooley, l’esordio del Poz, i canestri contro di Robinson, le lacrime di Bell, la grinta di Rok. Quante facce, quante emozioni, quanti ricordi con una sola certezza, la Dinamo è sempre qui con il suo orgoglio, la sua identità e il suo spirito competitivo. Dopo sette anni è ancora viva la favola di David Logan che si ferma a fare l’autostop verso Pesaro, mica che pensino che possiamo vincere, noi in fondo siamo solo di passaggio.
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